La storia che vi racconteremo oggi è un vero fatto di cronaca nera, avvenuto qui a Vicenza il 3 luglio 1548.
Una storia di amore e odio, di onore e passione.
Al Palladio Museum è possibile vedere una copia della ‘lapide d’infamia’, collocata dove sorgeva la casa degli assassini dei tre fratelli Valmarana.
“QUESTO IL LUOGO DOVE ERA [COLLOCATA] LA CASA DELLO SCELERATISSIMO GALEAZZO DA ROMA, IL QUALE CON ISEPPO ALMERIGO E ALTRI SUOI COMPLICI COMMISE ATROCISSIMI OMICIDI IN QUESTA CITTÁ NELL’ANNO 1548 IL GIORNO 3 LUGLIO”
Ma per conoscere meglio questa storia dobbiamo fare un passo indietro…
La protagonista di questa vicenda è Isabetta Da Roma, la quale, dopo essere rimasta vedova, perde la testa per il giovane Alberto Valmarana e volle a tutti i costi sposarlo per poterselo godere “luxuriosamente”. Al rifiuto di Alberto, la donna cerca di legarlo a sé facendo sposare la propria figlia con il fratello Niccolò Valmarana.
Poiché la situazione non dà segni di mutamento, Isabetta, presa dalla disperazione, tenta di eliminare i due fratelli “atossicandoli tutti doi”, ma la servetta inviata per avvelenarli tradisce il patto per suo interesse personale. A questo punto, ormai esasperata, Isabetta aizza i suoi due fratelli Galeazzo e Leonardo e il rifiuto di Alberto diventa così una questione d’onore da lavare con il sangue. Insieme a Iseppo Almerigo e a un gruppo di scagnozzi, i Da Roma fanno irruzione a Palazzo Valmarana.
Il referto del “medico legale” è accuratissimo: Alberto è stato straziato da trentotto ferite da armi bianche e da fuoco, il fratello Niccolò ucciso a colpi di roncola e coltello e il terzo fratello Tommaso da un colpo di archibugio e finito con tre coltellate. La madre, che cerca invano di intervenire per proteggere i suoi figli, viene bastonata e accoltellata al collo, mentre due servitori vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco e da taglio.
I colpevoli vengono condannati a morte il 23 luglio. Su Galeazzo e Iseppo, i quali si sono dati alla fuga, viene messa una taglia di duemila ducati qualora fossero stati presi vivi, di mille invece se presi morti. Viene inoltre dato ordine di radere al suolo la loro casa e di apporre la lapide in questione.
La lapide è tutt’ora visibile, murata in corso Palladio, al civico 172.
Da “Palladio Privato” di Guido Beltramini.
Sara F.